Oh Happy Day…

Quando si dice sorridere con tutto anche e soprattutto con gli occhi.
Il mio regalo di Natale è arrivato. Quello più bello, più desiderato e tanto atteso. In un periodo che definire caotico sarebbe un eufemismo, tra il lavoro, la casa, la cameretta nuova di Ale, gli spettacoli a scuola, la danza e gli impegni dell’Associazione, è arrivata anche la tanto attesa Tac. Con tutte le emozioni che porta con se. Trepidazione paura e speranza.

E in una fredda mattina pre Natalizia, con le montagne intorno a noi imbiancate dalle neve, ecco i miei occhi sorridenti fare capolino da una caldo e morbido scaldacollo. Occhi sorridenti come il mio cuore. Oggi sorrido con tutta me stessa . Perché una Tac negativa è una gioia dirompente. È un nodo allo stomaco che si scioglie. Sono lacrime di gioia. Le mie e quelle di chi mi vuole bene.

Una Tac negativa in un melanoma con metastasi, vale tanto. Una tac negativa in un melanoma metastatico con una target terapia da un anno mezzo, vale tantissimo. E mentre guardavo lo spettacolo di Natale dei miei bambini è stato difficile trattenere le lacrime. Lacrime di gioia. Per un altro traguardo raggiunto. Per un altro Natale festeggiato insieme. Perché la paura di non vederli crescere adesso l’ho messa via. Perché un Natale in più è un regalo meraviglioso. Perché un anno in più è un regalo meraviglioso. Perché il “presente” è un dono.

Sono felice perché il mio regalo di Natale l’ho scartato oggi. Con i miei bambini e con Cristian, che sono sempre e comunque il mio valore aggiunto.

Perché ogni giorno sia un giorno speciale e come dice una famosa canzone:

“Oh happy day… oh happy day

He taught me how to watch, fight and pray, fight and pray

And live rejoicing every, everyday

Oh happy day”

Buon Natale a tutti con l’augurio per voi di trovare sotto l’albero, come è successo a me…tutto ciò che desiderate.

Venerdì “speciali”

Tutte le mattine accompagno i miei bambini quasi fino a scuola. Li lascio nel punto in cui c’è il nonno vigile e la strada è chiusa al traffico negli orari di entrata e uscita della scuola.

Un saluto un bacio e via. Ma una volta al mese, più precisamente un venerdì al mese, ogni 28 giorni, qualcosa cambia. Quando i miei bambini sanno che alle 13 ci sarà la nonna ad aspettarli, ma non perché io sono come sempre al lavoro, qualcosa cambia. Quando sanno che vengo in ospedale per la mia terapia, qualcosa cambia.

Gaia mi saluta con la mano con uno sguardo interrogativo e apparentemente distratto.

Ale mi riempie di baci con uno abbraccio stringicollo degno di braccio di ferro.

Giulia mi da un bacio e mi porge la guancia per ricevere il mio. Fa quattro passi in direzione della scuola e all’improvviso torna indietro per abbracciarmi. Un abbraccio stretto stretto.

Ogni volta.

Ogni venerdì “speciale”. E ogni volta il cuore si stringe.

Groppo in gola e lacrime agli occhi.

Perché la mamma non vorrebbe mai che questo cataclisma chiamato tumore vi facesse soffrire. Ma potrebbe succedere. E lo supereremo insieme ogni volta.

Perché la mamma vi vuole un mondo di bene.

“Fino alle sirene del mare” come dice il mio Ale quando ci diamo la buona notte.

Le nostre crepe

“La gente ha cicatrici in posti impensabili, sono come mappe segrete delle storie personali, diagrammi di tutte le vecchie ferite. La maggior parte delle nostre vecchie ferite guarisce, lasciando solo cicatrici. Ma alcune non guariscono.”

La vita ci pone spesso situazioni di fronte a cui possiamo decidere come agire. Possiamo scegliere. Possiamo dire sì o no.

Altre volte invece non abbiamo possibilità di scelta. Ci sono uragani che piombano nella tua vita senza bussare. E lasciano cicatrici ovunque. Dentro e fuori di te. Ma c’è qualcosa che possiamo fare. Valorizzare le nostre “crepe”. Come fanno i giapponesi con l’oro. “Il kintsugi è una forma d’arte giapponese dove un vaso rotto viene fissato con una resina cosparsa di polvere d’oro. Una volta che la ceramica rotta viene risaldata con l’oro, il vaso diventa più bello e più prezioso rispetto all’originale.”

Possiamo scegliere come affrontare le nostre battaglie. Con forza, grinta, fiducia, qualche lacrima e un sorriso.

E questa foto scattata l’anno scorso, prima di entrare in sala operatoria per l’intervento al polmone… mi serve da monito.