Le notti in ospedale 

Quante notti passate in ospedale per motivi diversi. Molto diversi. 

Qualche anno fa le notti passate in clinica durante i turni di reperibilità per il laboratorio. Le chiacchiere con i ragazzi della portineria, con gli infermieri del pronto soccorso e con i tecnici di radiologia. Quante chiacchiere e quante amicizie consolidate in quelle notti. Le attese infinite per un D-dimero. I caffè della macchinetta. Tornare a casa, infilarsi sotto le coperte e poco dopo sentire di nuovo squillare il telefono e tornare al lavoro. Le notti in clinica erano così. Imprevedibili. Come imprevedibili sono state le notti durante l’induzione e il travaglio per la nascita delle mie bambine. Camminare per i corridoi del reparto di ostetricia/ginecologia dei vecchi Ospedali Riuniti. L’induzione con il gel per il parto di  Gaia che non funzionava assolutamente. Ore e ore di attesa e di passeggiate. Osservare albe e tramonti dalla stessa finestra. Nella notte in cui è nata Giulia non è servita l’ossitocina. È bastato rompere le acque e sono iniziate le danze. Le mie bimbe sono entrambe nate di notte. Due notti che non dimenticherò mai. Le notti in ospedale dopo la vostra nascita. Le notti passate tra l’allattamento e l’ittero. Le notti in cui, dopo la nascita di Giulia facevo spola tra casa e l’ospedale per stare con Gaia e allattare Giulia. Il nostro piccolo ometto Ale invece è nato tranquillo tranquillo una domenica pomeriggio. 

Qualche anno dopo le notti nel reparto di Chirurgia I del Papa Giovanni XXIII quando è arrivata la prima recidiva di melanoma. Notti tutto sommato tranquille, dolore controllato,  pochi movimenti e poche passeggiate nei corridoi ma tanti tanti infiniti pensieri. Le notti alla fine di maggio 2017 nella Chirurgia Toracica del Papa Giovanni per asportare una delle maledette metastasi al polmone. Notti difficili sia per il controllo del dolore che per i pensieri ancora più terrificanti, ancora più preoccupanti e ancora più difficili da cacciare via. 

E ora queste notti. Le notti qui in ospedale ad Alzano con la mia Giulia, la mia bimba “mezzana”. Ho sempre pensato che fosse difficile essere a metà tra due fratelli, uno più grande e uno più piccolo. Forse è un po’ come sentirsi né carne né pesce, né grande né piccola. Ma tu hai una sensibilità e una dolcezza infinita. Quando mi guardi e mi dici: Mamma perché sei preoccupata?” 

Io lo so che tutto si risolverà, ringrazio perché siamo davvero in buone mani ma quando vedi una delle tue creature in un letto d’ospedale il mondo si ferma.

 Per una mamma il mondo si ferma.

 Puoi essere con me una donna che ne ha già passate tante, che ne sta passando tante e che ne passerà ancora tante, ma come qualunque mamma di una qualunque specie animale, quando toccano i tuoi cuccioli diventi una tigre. E come una tigre in un branco scopri che puoi contare sulle altre mamme tigri. E ringrazi il cielo per la tua mamma, per tua sorella, per le zie e per tutte le amiche (anche non mamme… ) che ti allungano una mano. E impari ad accettare e a chiedere aiuto. E scopri che è bello fidarsi e affidarsi. 

E’ quasi una settimana che siamo qui. In queste notti trascorse in questa brandina accanto al letto di Giulia, ho visto la luna tra gli spiragli della finestra, ho visto il sole sorgere tutte le mattine e ho pregato e sperato che tutto andasse bene. E così sarà. 

2 risposte a "Le notti in ospedale "

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